AUTORE: Francesco Amoruso
TITOLO: Nessuna città
EDITORE: Scatole Parlanti
GENERE: Narrativa
TRAMA
Mario e Dana s’incontrano in un punto improprio dopo aver discrostato il tempo dalla ruggine e dalle rese. Sulle spalle, sotto ai piedi e negli occhi hanno visto il mondo da zaini, scarpe e panorami diversi e la maniera con cui vivono il perduto e il ritrovato trova il suo intersecarsi in Nessuna Città. Qui la vita si muove al di sotto di una cupola che prima di essere architettonica è, innanzitutto, sociale e catastroficamente emotiva. Un inferno “accucchiaiato” su se stesso, in cui l’indicibile prende il sopravvento attraverso gli occhi di Sabrina, la pelle di pane della vecchia Laura, la pagina in rilievo di Mica, l’ansia patologica di Gennaro, la libertà di raccontare i Liberato di tutti i nonluoghi. Una città che esiste ma che, tira e tira, è riuscita a scomparire, a nascondersi in un’ampolla di incontri sfasati nel tempo e nello spazio. In una città affacciata su un golfo dal mare non più mare, di cui ormai è una blasfemia pure pronunciarne il nome, rinchiusa dalla legge al di sotto di una cupola di diamantite over potentium, tutto è da cercare nei non detti, nell’esasperazione di un’umanità che si incaponisce a resistere sull’orlo del precipizio.
RECENSIONI
“Nessuna Città” romanzo di Francesco Amoruso edito da Scatole Parlanti, è una lettura che porta il lettore a compiere un viaggio in una Napoli celata, in cui passato e futuro si intrecciano attraverso personaggi che arrivano, ritornano o vivono da sempre in una città a tratti irriconoscibile. Napoli è la vera protagonista del romanzo, i suoi cambiamenti sono vistosi ad esempio ha perso il mare e si ritrova sotto una cupola creata per proteggerla dai roghi tossici, una cupola che richiama una mancanza di libertà, ed è attraverso questa protezione che si dipanano le vite dei protagonisti che si passano vicini, ma non si toccano, ognuno con le proprie emozioni, con la propria vita caotica, ripetitiva e intrisa di cose non dette.
La città che lo scrittore presenta appare indefinita prende forma e somiglianza attraverso i personaggi che con le loro storie, la rendono visibile al lettore che pagina dopo pagina riconosce gli aspetti caratterizzanti della città partenopea, la quale si svela attraverso un intreccio tra invenzione e realtà che mette in evidenza quanto la nostra società sia a tratti cruda e allo stesso tempo umana.
Il romanzo richiama in realtà il nostro vissuto che nell’ultimo periodo, a causa di eventi inaspettati, ci ha costretti a rifugiarci nelle nostre case e a vivere come nel libro sotto “una campana di vetro” adeguandoci a decisioni che spesso abbiamo vissuto come limite alla nostra libertà, per questo, seppur il racconto abbia dell’utopico, permette al lettore di riconoscersi in esso.
Prima di capire chi siano realmente i personaggi del romanzo, lo scrittore ci permette di capire cosa sentono e provano, perché sono loro stessi che attraverso i dialoghi danno forma ad una città che diventa pagina dopo pagina reale. Ogni personaggio ha in sé sentimenti contrastanti, ci sono quelli che la società ha deciso di escludere ed emarginare o quelli che si sono adattati al nuovo modo di vivere, ma che fanno fatica a aderire a un qualcosa in cui non si riconoscono.
“Certe notti, quando nemmeno le ombre avrebbero voluto toccarsi e la vergogna era tale che non riuscivi nemmeno a portarla via col sonno, potevi sentire il borbottio dei topi nella spazzatura, le grida soffocate coi graffi del buio e le puzze e le sputacchiate di naso e di gola, pure il calpestio sordo dei piedi sulle coperte vecchie, tra i cartoni di casa modellati con la fantasia, sentivi”
La scrittura di Francesco Amoruso non è solo semplice e diretta, ma è fatta di un linguaggio caratterizzato dall’utilizzo di termini che a volte donano la leggerezza ed altri che invece si fanno pesanti, la descrizione della vita abitudinaria cattura il lettore tanto da farlo riconoscere negli stati d’animo dei personaggi che richiamano uno spaccato della vita di ognuno.
“Al sole, le ombre ora più lunghe comunque ridevano, in un piglio di orgoglio che, in questa città, sembrava utile a niente, manco ai cani e sentivi i pianti, il freddo nei denti, le scatolette vuote cadere sul marciapiede, il caldo della fronte, le bestemmie che si mescolavano con la ninna nanna di una madre che coccolava il suo bambino, e ne intuivi le fiabe, e sorridevi amaro alle bugie che gli raccontava, va tutto okay a mamma; e poi il nottambulismo di un padre insonne, più inconsolabile dei figli, lui.”
Francesco Amoruso ha scritto un romanzo in cui oscillano gli opposti, il bene e il male, il terrore e il coraggio, l’odio e l’amore e tutto questo lo troviamo nella delicatezza dei personaggi che ci diventano familiari, conosciuti, personaggi che come noi nel buio cercano di ritrovare la luce.
[©Gaia Micheletti per Le frasi più belle dei Libri…]