“Le nostre solite insolite cene” – Simona Ferruggia

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AUTORE: Simona Ferruggia
TITOLO: Le nostre solite insolite cene
EDITORE: Human
GENERE: Adult

TRAMA

Marco è un giovane barista innamorato della moglie e del suo lavoro, il classico bravo ragazzo con la testa sulle spalle. Lui è il perno centrale di un gruppo di amici che tentano ogni giorno di sopravvivere al loro antagonista principale: la propria vita. Ogni venerdì sera si riuniscono a casa di Marco per una cena all’insegna dell’amicizia, della condivisione e dell’allegria al di fuori dei problemi della quotidianità. Ci sono: Andrea, avvocato single che ama divertirsi con le donne e tenendo i punteggi su un vecchio quaderno; Silvia Stella, la più giovane del gruppo, che vive i propri rapporti amorosi solo attraverso il sesso brutale, e pratica l’autolesionismo; Denise, che dopo anni di matrimonio si rende conto di essere intrappolata in una relazione insoddisfacente e un lavoro che non le piace; e infine Giulio, il più grande del gruppo, che apparentemente sembra avere una vita perfetta. Tutti si troveranno a dover affrontare dei cambiamenti fondamentali per la loro vita e ci riusciranno grazie all’aiuto di Marco, il saggio del gruppo, l’amico più fidato. Proprio lui che scoprirà che la moglie aspetta una bambina e la gioia di tale evento farà da cornice a tutto il resto.

ATTENZIONE: questo libro è rivolto a un pubblico adulto e consapevole.


RECENSIONI

 

La casa di Marco ogni venerdì sera viene invasa da risate e confessioni, pizze e sigarette. Venerdì è il giorno di ritrovo, intorno ad un tavolo Denise, Giulio, Andrea, Silvia e Marco stesso tirano le somme sulla settimana appena trascorsa, portano in quell’ambiente familiare dubbi e incertezze, gioie e conquiste.
E di conquiste Andrea ne sa qualcosa. Il suo taccuino riporta ogni giorno un nome in più, quella della donna con cui ha appena trascorso una notte di passione. Avvocato di successo, muscoli scolpiti da sessioni intensive in palestra, abilità sorprendenti nel conquistare la fortunata di turno. Ma in tutto questo, ovviamente non c’è nemmeno il baluginio di un sentimento, di un trasporto mentale.

Quello stesso trasporto mentale che Denise aveva col marito e che ora ha smarrito nella passività di un lavoro alienante, che non è quello che vorrebbe fare. Si occupa da sola della casa, di guadagnare abbastanza per sé e per suo marito. Mentre questo, tra videogiochi e serie tv, cerca di “affossarla” in una quotidianità che la spegne giorno dopo giorno.
Mentre Silvia nella sua vita c’è affossata da troppo tempo ormai. Da quando il suo corpo, con qualche chilo in più, era morivo di scherno per lei. E Silvia non ci prova nemmeno a risollevarsi, a tirarsi fuori da quell’impasse di droga e sesso e cicatrici in cui si è rinchiusa. È in questo circolo vizioso che cerca di dimenticare sé stessa.

Giulio invece chi è veramente lo sa bene, ma si premura di scacciarlo via ogni volta che la sua passione prova a venir fuori. Ha una vita invidiabile, due figli, una moglie bellissima, un lavoro ambito. Ma la vita che conduce non è la sua. Si è infilato in quei panni di architetto, uomo e marito, ha indossato una maschera che lo sta deformando fin dentro le ossa.
Ecco, sono questi “i fantastici quattro” di Marco, barista aspirante cantautore, felicemente sposato. E lui darebbe la vita per loro, per le loro esistenze sgangherate. E lui è l’unico in grado di vederli per ciò che realmente sono, è l’unico in grado di assorbire i loro malumori, di cogliere i loro segreti più intimi. È il faro che li illumina quando la tempesta rischia di risucchiarli; è la presa salda e sicura che li tira su un attimo prima di affogare.

La vera sfida che mi sento di lanciare a chi si accingerà alla lettura di questo scritto, degno figlio dei nostri tempi, è quella di riuscire a non versare nemmeno un lacrima. E anche quella di provare a non ritrovarsi nelle paure, nei dolori di questi tristi personaggi. Non c’è una vita che non sia stata percorsa da un sogno fervido difficile da scacciare; da una parte di sé difficile di far emergere per paura degli altri; da un dolore grande che preme sul petto togliendo il respiro; dalla paura di vivere un sentimento troppo forte. Ma soprattutto, non c’è nemmeno una vita che non abbia mai pensato che la felicità non esiste, e se esiste è difficile da raggiungere, e poi l’ha ritrovata, piccola essenza, nascosta nella forza di muovere il primo passo.
Perciò, accettate pure l’invito di Simona Ferruggia a questa solita insolita cena a base di pagine in grado di toccare argomenti come l’omosessualità, il razzismo e la morte senza appesantire.

[©Martina Caruso]

 

Marco è un giovane barista innamorato della moglie e del suo lavoro, ma anche con l’hobby della chitarra e del cantautore. È il perno centrale di un gruppo di amici che tentano ogni giorno di sopravvivere alla vita e che ogni venerdì sera si riuniscono a casa sua per una cena “liberatoria”, da vivere sfogandosi tra loro. Ci sono: Andrea, avvocato single; Silvia Stella, la più giovane del gruppo, fragile e insicura; Denise, che si domanda se vuole che la sua routine resti ancora la stessa; e infine Giulio, il più grande del gruppo, che sembra avere un equilibrio perfetto.

Tutti si troveranno a dover affrontare dei cambiamenti fondamentali per la loro vita e saranno supportati da Marco stesso, lo psicologo del gruppo sempre pronto a dispensare idee e consigli.

È un romanzo che racconta l’amore nelle sue sfumature, vissuto dai cinque personaggi principali e dai loro incontri e scontri con gli altri. Tutti dovranno prendere decisioni importanti, passando per quell’impasse momentaneo di valutazione di pro/contro e di priorità.

La narrazione procede con vari capitoli pieni di dubbi e riflessioni, ciascuno dedicato ad un personaggio e che via via ne delinea il quadro, fino alla conclusione non del tutto prevedibile. Lo stile è chiaro e lineare e permette di identificarsi man mano con ogni personaggio, perchè i loro problemi sono quelli che un pò tutti, in prima persona o per vicinanza ad altri, abbiamo o stiamo affrontando.

Lettura leggera, ma profonda di significati.

[©Eleonora Ferrini]

 

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